I contorni del nesso di “stretta indispensabilità” per l’esercizio del diritto di accesso ex art. 53 comma 6 D.Lgs. 50/2016
È ormai consolidato l’orientamento che considera l’esercizio del diritto di accesso a documenti amministrativi un peculiare strumento di verifica della correttezza dell’operato dell’amministrazione (da ultimo l’Adunanza Plenaria con la pronuncia n°19/2020). Il secondo comma dell’art. 22 l.291/90 infatti afferma che il medesimo “costituisce principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza”.
Vanno tuttavia tenuti distinti due tipi di accesso: l’accesso civico generalizzato e l’accesso documentale. Se il primo, infatti, è slegato da ogni onere motivazionale e risponde ad esigenze di trasparenza amministrativa, il secondo invece necessita di un interesse diretto, concreto e attuale dell’istante per l’ostensione dei documenti amministrativi. Il diritto di accesso, dunque, è direttamente strumentale all’esercizio di un altro diritto.
L’accesso documentale ingloba al suo interno anche il peculiare istituto dell’accesso difensivo. L’art. 24, comma 7 l. 241/1990 prevede che “deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici”.
In tema di accesso agli atti di gara d’appalto, il nostro ordinamento, in applicazione delle direttive comunitarie in materia, prevede che alcuni soggetti qualificati e portatori di uno specifico interesse possano esercitare il diritto di acceso agli atti delle procedure ad evidenza pubblica. La disciplina è contenuta nell’art. 53 D.lgs. 50/2016, il quale, nel richiamare la disciplina generale di cui agli artt. 22-28 l.291/90, aggiunge specifiche ipotesi derogatorie concernenti il differimento, la limitazione e l’esclusione dell’ostensione dei documenti amministrativi alla luce di peculiari esigenze di riservatezza che possono emergere nelle diverse fasi della procedura.
Una delle deroghe è enucleata al comma 5 lett a). Con essa il legislatore – in una operazione di bilanciamento tra diritto di accesso e riservatezza – contempla l’ipotesi di diniego del diritto di accesso “alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali”. La disposizione, quindi, fa soccombere il diritto di accesso rispetto ad informazioni che rappresentano il nucleo dell’offerta tecnica avanzata dagli operatori economici e che esprimono il c.d. know how aziendale. Il know how aziendale è quel bagaglio di conoscenze di natura principalmente tecnica che permette di distinguere ed apprezzare l’offerta di un operatore rispetto a quella di un altro concorrente. È dunque evidente il favor del legislatore, in questa ipotesi, per la tutela della ricchezza imprenditoriale degli operatori economici rispetto al diritto alla riservatezza.
Anche questa deroga trova tuttavia un limite ultimo, enucleato al comma 6 , motivata dalla necessità di assicurare il pieno esercizio del diritto di difesa in relazione alla procedura di affidamento del contratto.
L’ostensione è, quindi, in tale ipotesi, ammessa esclusivamente nei limiti della necessità della documentazione richiesta ai fini dell’esercizio della tutela in sede giudiziale – anche evocata in termini di “stretta indispensabilità” – ponendo il comma 6 dell’art. 53, d.lgs. n. 50/2016 una condizione più stringente rispetto a quanto previsto in via generale dagli artt. 22 e ss., l. n. 241/1990 (i quali viceversa richiedono un generico interesse alla tutela dei propri interessi giuridicamente rilevanti), essendo necessario l’accertamento della sussistenza del nesso di strumentalità esistente tra la documentazione oggetto dell’istanza di accesso e le censure formulate (Cons. Stato, sez. V, 12 novembre 2019, n. 7743; 7 gennaio 2020 n. 64).
L’ultima pronuncia in materia è del Tar del Lazio (sentenza n° 11896/22) il quale ha accolto l’eccezione di inammissibilità della stazione appaltante, ritenendo che l’istanza della ricorrente avesse carattere meramente esplorativo.
Sul punto, il Tar richiama l’orientamento giurisprudenziale più rigoroso – secondo il quale la “stretta “indispensabilità della conoscenza della documentazione richiesta rispetto alla difesa in giudizio dei propri interessi dev’essere dimostrata con la proposizione di un’azione in giudizio – chiarendo, tuttavia, che la valutazione sulla “stretta indispensabilità” non debba necessariamente essere limitata alla verifica dell’instaurazione di un giudizio avverso gli atti di gara, ma vada svolta in concreto alla luce delle “deduzioni difensive potenzialmente esplicabili” da parte del ricorrente che ha richiesto l’accesso.
Nel caso di specie, secondo il TAR, la ricorrente non avrebbe indicato alcuna deduzione difensiva potenzialmente esplicabile avverso il provvedimento di aggiudicazione e gli altri atti di gara, avendo al contrario l’operatore indicato unicamente un generico riferimento alla necessità di tutelare i propri interessi in qualità partecipante alla gara. Da ciò ne è derivata la declaratoria di inammissibilità del ricorso, mancando l’interesse vantato dalla ricorrente dei caratteri della attualità e concretezza necessari a dimostrare la sussistenza di quel nesso di stretta indispensabilità richiesto dalla giurisprudenza amministrativa ai fini dell’operatività dell’istituto dell’accesso di cui all’art. 53, comma 6, del Codice.
Dott.ssa Giorgia Lucchi