Con recente pronuncia n. 9779 del 13 settembre 2021, il TAR Lazio – Roma, Sez. III-quater, ha preso posizione sui limiti di sindacabilità delle clausole di bando che stabiliscono il prezzo a base di gara.
Nello specifico, la società ricorrente contestava la incongruità e non remunerabilità del prezzo a base di una procedura, inerente ad appalto di servizio di soccorso sanitario in area extra ospedaliera, poiché la sottoscrizione di un nuovo CCNL per il personale afferente le realtà operanti in ambito socio-sanitario, assistenziale e delle pubbliche assistenze, per il periodo compreso tra il 1° luglio 2017 ed il 31 dicembre 2019, aveva comportato, a suo dire, un eccessivo aumento del costo del lavoro.
Nella tesi della ricorrente, la mancata considerazione, nel prezzo di gara, degli aumenti salariali, non consentiva ai partecipanti di formulare offerte seriamente sostenibili.
Il TAR ha tuttavia respinto il ricorso, osservando che un’eventuale difetto nella individuazione degli aspetti essenziali del procedimento di gara e, segnatamente del prezzo a base di gara, può risultare viziante, solo se idoneo ed in grado di fuorviare i concorrenti, così da indurli alla presentazione di offerte basate su falsi presupposti, ovvero con riferimento a realtà economicamente non sostenibili.
Una tale fattispecie, però, richiede obiettivi e non contestabili dati economici e non solo il ricorso a mere prospettazioni prognostiche e parziali, incentrate sull’aumento del solo costo della manodopera come declinato nel servizio prestato, ben potendo una diversa organizzazione del servizio, consentire costi inferiori.
In definitiva, dunque, solo le macroscopiche, evidenti ed illogiche previsioni del valore a base d’asta consentono al Giudice Amministrativo di intervenire in via preventiva sulla stessa gara, disponendone l’annullamento.