Parliamo oggi di una interessante decisione del Tribunale di Torino, che, con sentenza n. 1261/2021 del 15/03/2021, si occupa di una situazione piuttosto comune a molte città italiane, prima della pandemia: l’eccessivo rumore prodotto dalla movida notturna dovuta alla concentrazione di bar e locali, con conseguente disturbo ai residenti.
Alcuni residenti del centro storico di Torino, in una zona in cui si trovano diversi locali molto frequentati, lamentano continuo disturbo dovuto alle immissioni rumorose causate dalla movida che si svolge sotto le loro finestre, nelle serate tra il giovedì e la domenica.
I residenti chiedono pertanto al Tribunale di ordinare al Comune, ex art. 844 c.c., la cessazione immediata delle immissioni sonore eccessive ovvero la adozione di misure necessarie per ricondurre tali immissioni entro i limiti della normale tollerabilità, ed inoltre la condanna al risarcimento del danno non patrimoniale subito per i disagi sofferti.
Il Tribunale rileva anzitutto che, siccome il Comune è convenuto in giudizio per aver intrapreso una politica sbagliata di gestione del territorio, per aver adottato provvedimenti privi di efficacia contenitiva dei rumori e per aver omesso di vigilare sul quartiere, la sua legittimazione passiva è pacifica.
Dopodiché, sul merito della questione, gli attori invocano la violazione del diritto fondamentale alla salute, garantito da numerose norme di rango costituzionale, comunitario e internazionale, che si assume leso da comportamenti commissivi e omissivi del Comune, riconducibili alla norma generale di cui all’art. 2043 c.c. e rilevanti ex art. 844 c.c.
L’istruttoria svolta ed in particolare la perizia fonometrica dimostra che “il limite differenziale notturno, all’interno delle abitazioni degli attori a finestre aperte, risulta sempre superato”.
Il Tribunale accerta dunque l’intollerabilità della immissione sonora e, quanto alla responsabilità del Comune al riguardo, rileva che l’ente territoriale avrebbe dovuto assumere misure molto più incisive, comprese la revoca della licenza e la chiusura dei locali recidivi, la restrizione degli orari di apertura e l’adozione di un piano di risanamento acustico, concludendo che non si possa negare un nesso di causalità tra il rumore intollerabile e le scelte del Comune.
Il Tribunale esclude però di poter imporre al Comune comportamenti specifici, stante la natura discrezionale della materia, che rientra nella sfera di esclusiva competenza dell’ente territoriale (e, forse, potremmo aggiungere, nella giurisdizione del Giudice amministrativo).
Il Tribunale accoglie quindi le sole domande di risarcimento del danno per pregiudizio al “diritto al riposo, al sonno, al tranquillo svolgimento delle normali attività e al godimento dell’habitat domestico e di quartiere”, rilevando che “rumori dell’entità di quelli accertati impediscono di dormire, generando una situazione di stanchezza cronica che pregiudica il lavoro, le incombenze imposte dalla quotidianità, lo svago e le relazioni sociali. La perdurante difficoltà di accedere alla propria abitazione, sia a piedi sia in auto, correndo di continuo il rischio di essere insultati, derubati, danneggiati nelle proprie cose, genera stress e ansia”, come pure “trovare le vie e le piazze di ogni giorno imbrattate e invase da rifiuti provoca una rabbia costante e impotente”.
Con richiamo a Sezioni Unite n. 2611/2017, che ha ammesso il risarcimento del danno non patrimoniale per immissioni illecite anche in mancanza di danno biologico documentato, il danno viene appunto qualificato come non patrimoniale e la sua quantificazione viene effettuata con criterio equitativo e liquidazione di € 500,00 mensili per ogni attore e per l’intero periodo (7 anni circa) per cui è durata l’intollerabile movida.
In conclusione il Comune di Torino viene condannato a pagare una somma complessiva di oltre un milione di euro oltre alle spese di lite.
La pronuncia appare interessante ed innovativa, anche se, a parere di chi scrive, il Giudice avrebbe forse potuto dimostrare maggior coraggio e spingersi anche verso una condanna del Comune ad un facere idoneo ad impedire che i disagi possano ripresentarsi una volta cessata la contingenza pandemica.