La Suprema Corte nella sua più autorevole composizione (Sezioni Unite) ha risolto il contrasto che si era generato nella giurisprudenza rispetto alla rilevanza usuraria o meno degli interessi di mora.
Tra chi riteneva che gli interessi di mora, al pari di ogni altro interesse, a qualunque titolo convenuto, rilevassero ai fini della normativa sull’usura, con la conseguenza radicale della << non debenza >> di qualunque interesse, anche corrispettivo, si contrapponeva l’opposto orientamento, prevalente nella giurisprudenza di merito, secondo cui, gli interessi di mora, riconducibili al genus delle clausole penali, ancorché pattuiti oltre soglia, non potessero condurre alla radicale sanzione della << non debenza >> di qualunque interesse, ma, semmai, alla non debenza degli interessi pattuiti oltre soglia (quelli moratori) con salvezza della componente remunerativa (id est interessi corrispettivi) ove questa fosse stata pattuita nei limiti di legge n. 108/1996.
Ebbene con l’importantissima Sentenza N. 19597 depositata in data 18/09/2020 la Corte Suprema a Sezioni Unite ha enunciato plurimi principi di diritto tra cui quello che si trascrive: << La disciplina antiusura si applica agli interessi moratori, intendendo essa sanzionare la pattuizione di interessi eccessivi convenuti al momento della stipula del contratto quale corrispettivo per la concessione del denaro, ma anche la promessa di qualsiasi somma usuraria sia dovuta in relazione al contratto concluso >>.
Nondimeno, per quello che ci interessa, le Sezioni Unite hanno affermato che: << Si applica l’art. 1815, comma 2, cod. civ., onde non sono dovuti gli interessi moratori pattuiti, ma vige l’art. 1224, comma 1 cod. civ., con la conseguente debenza degli interessi nella misura dei corrispettivi lecitamente convenuti >>.
La Corte ha quindi fatto salvo il principio, di inveterata vigenza nel nostro ordinamento giuridico, della naturale fecondità del denaro e così, recependo l’orientamento prevalente che si era formato nella giurisprudenza di merito, ha circoscritto la sanzione civilistica della non debenza degli interessi come sancita dall’art. 1815, co. 2 cod. civ. solo a quelli che siano stati pattuiti oltre le soglie di legge e non anche a quelli convenuti nel rispetto della legge.
Nondimeno ha fatto salvo il diritto della parte finanziata: << ad agire per la declaratoria di usurarietà degli interessi pattuiti, tenuto conto del tasso-soglia del momento dell’accordo; una volta verificatosi l’inadempimento ed il presupposto per l’applicazione degli interessi di mora, la valutazione dell’usurarietà attiene all’interessi in concreto applicato dopo l’inadempimento >>.