Con la recentissima sentenza n. 4832 del 29 luglio 2020 il Consiglio di Stato si è pronunciato, ribadendone i contenuti, sulla vicenda che aveva originato la sentenza della Corte di Giustizia Europea 27 novembre 2019, causa C-402/18.
Quest’ultima, invero, aveva affermato che la direttiva n. 2004/18/CE in materia di appalti pubblici deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale – quale l’art. 118 del codice del 2006 – che limita al trenta per cento la parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi e al venti per cento la possibilità di ribassare i prezzi applicabili alle prestazioni subappaltate rispetto ai prezzi risultanti dall’aggiudicazione.
Di conseguenza non risulta applicabile, in quanto contraria al diritto europeo, la disciplina di cui all’art. 118 cit., posto a base di entrambe le prime censure accolte dal Tar sotto i predetti profili. Una volta ammesso il ricorso al subappalto oltre il limite legislativo, da disapplicare, non residua alcuna concreta censura in ordine alla presunta anomalia dell’offerta, attesa la ammissibilità dell’affidamento in subappalto alle previste cooperative.
La sentenza in argomento si riferisce all’art. 118 del Codice del 2006, ma considerato che le suddette norme sono state, di fatto, riproposte all’interno dei commi 2 e 14 dell’art. 105 D.Lgs. n. 50/2016, le considerazioni svolte dalla Corte di Giustizia Europea devono valere altresì per l’impianto normativo del “secondo Codice”.
In definitiva, mentre nel decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 (c.d. “Decreto semplificazioni”) non è stato trattato il problema del subappalto alla luce della citata sentenza della Corte di Giustizia Europea, la risposta definitiva sul tema è arrivata dal Consiglio di Stato, il quale ha ribaltato la decisione di primo grado del Tar Lazio n. 12511/2017 ed accolto, quindi, l’appello dell’impresa originariamente aggiudicataria.