Con la sentenza n. 12 del 2 luglio 2020 l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato è intervenuta sulla questione dell’esatta individuazione del termine di decorrenza per l’impugnazione dell’aggiudicazione.
Come rilevato dalla stessa ordinanza di rimessione n. 2215 del 2 aprile 2020 della V Sezione del Consiglio di Stato, le tesi sul tappeto che hanno dato origine all’incertezza giurisprudenziale erano due.
1) La prima tesi, formatasi nel corso della vigenza del D.Lgs. n. 163 del 2006 e ripresa da parte della giurisprudenza anche in seguito all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 50 del 2016, si fondava sul tenore letterale dell’art. 120, co. 5 c.p.a. e sul richiamo in esso contenuto all’art. 76 del “primo Codice”. Tale orientamento distingueva a seconda che la stazione appaltante avesse inviato una comunicazione esaustiva dell’aggiudicazione (corredata dalle ragioni di preferenza delle caratteristiche dell’offerta dell’aggiudicatario come apprezzate dalla commissione aggiudicatrice) ovvero una comunicazione non esaustiva limitata all’indicazione dell’avvenuta aggiudicazione e del nominativo dell’aggiudicatario. Nella prima ipotesi, proprio l’esaustività della comunicazione consentiva di ritenere che la decorrenza del termine per impugnare l’aggiudicazione coincidesse con la comunicazione stessa del provvedimento di aggiudicazione; nella seconda ipotesi, invece, occorreva attribuire rilievo alla necessità dell’interessato di conoscere gli elementi tecnici dell’offerta dell’aggiudicatario e degli atti della procedura di gara, al fine di valutare le ragioni che avevano fondato la scelta dell’amministrazione ed individuare i vizi del suo operato. La seconda ipotesi, poi, poneva un ulteriore problema concernente l’accesso agli atti e, in particolare, il tempo necessario all’evasione dell’istanza ostensiva. In considerazione del diverso contenuto dell’art. 79 del D.Lgs. n. 163/2006 e dell’art. 76 del D.Lgs. n. 50/2016, la dilazione temporale prima fissata in dieci giorni per l’accesso informale ai documenti di gara si deve ora ragionevolmente determinare in quindici giorni, termine previsto dal vigente art. 76, co. 2 del “secondo Codice” per la comunicazione delle ragioni dell’aggiudicazione su istanza dell’interessato. Qualora l’Amministrazione aggiudicatrice rifiutasse l’accesso o impedisse con comportamenti dilatori l’immediata conoscenza degli atti di gara, il termine per l’impugnazione degli atti comincerebbe a decorrere solo dal momento dell’effettiva conoscenza da parte dell’interessato.
2) La seconda tesi, valorizzando il tenore letterale dell’art. 120, co. 5 c.p.c., riteneva che il termine di decorrenza del dies a quo per impugnare l’aggiudicazione dovesse considerarsi sempre di trenta giorni a partire dalla ricezione della comunicazione dell’avvenuta aggiudicazione da parte della stazione appaltante ovvero, in mancanza di questa, dalla conoscenza dell’aggiudicazione che l’interessato avesse comunque acquisito. Secondo detto orientamento non rileva più, dunque, la distinzione tra i vizi desumibili dall’atto comunicato (per il quale il dies a quo decorrerebbe dalla comunicazione dell’aggiudicazione) e gli altri vizi percepibili aliunde (per i quali il dies a quo decorrerebbe dal momento dell’effettiva conoscenza). La conoscenza dei vizi dell’aggiudicazione, successiva alla sua comunicazione, consente inoltre la proponibilità dei motivi aggiunti.
Ciò premesso, l’Adunanza Plenaria ha risolto le questioni tenendo conto dei dati testuali delle vigenti disposizioni normative, nonché dei principi enunciati in materia dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Innanzitutto, il Collegio si è riportato agli indirizzi giurisprudenziali eurounitari i quali, valutando la tematica dei termini di impugnazione in un’ottica complessiva, sono pacifici nel ritenere che gli Stati membri hanno l’obbligo di istituire un sistema di termini di decadenza sufficientemente preciso, chiaro e prevedibile e che non sempre la valida proposizione di motivi aggiunti rappresenta una alternativa valida ad una efficace tutela effettiva. In buona sostanza, il dies a quo per l’impugnazione dell’aggiudicazione va agganciato a una “data oggettivamente riscontrabile”.
Di conseguenza, aderendo al più garantista degli orientamenti richiamato sub 1), la Plenaria ha sostenuto la perdurante validità del richiamo contenuto nell’art. 120, co. 5 c.p.a., da intendersi oggi rivolto all’art. 76, co. 2 del “secondo Codice”. Peraltro, la dilazione temporale per la decorrenza del ricorso (prima fissata in dieci giorni per l’accesso informale) deve oggi essere ragionevolmente fissata in quindici giorni; con l’ulteriore precisazione per cui il termine non inizia a decorrere in presenza di rifiuto illegittimo dell’istanza ostensiva ovvero in caso di comportamenti meramente dilatori da parte dell’amministrazione, se non nel momento in cui si sia realizzata la piena conoscenza da parte dell’interessato.
Sempre in tema di identificazione del dies a quo, l’Adunanza Plenaria ha richiamato l’art. 29, ultima parte, del D.Lgs. n. 50/2016, secondo cui “i termini cui sono collegati gli effetti giuridici della pubblicazione decorrono dalla data di pubblicazione sul profilo del committente”. Tanto basterebbe per affermare che l’impresa interessata ha l’onere di consultare il “profilo del committente”, assumendosi la conoscenza legale degli atti dalla data in cui ha luogo la loro pubblicazione con i relativi allegati (data che deve in ogni caso costantemente risultare dal sito). In definitiva, anche la pubblicazione sul profilo del committente è una “data oggettivamente riscontrabile” che fa capo ad un adempimento formale dell’Amministrazione cui è possibile agganciare il decorso del termine di impugnativa.
Con riguardo all’ulteriore questione dell’applicabilità del principio di piena conoscenza o conoscibilità, la Plenaria ritiene che esso si applichi anche quando l’esigenza di proporre il ricorso emerga dopo aver avuto conoscenza dei contenuti dell’offerta dell’aggiudicatario o delle sue giustificazioni rese in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta, rilevando il tempo necessario per accedere alla documentazione presentata dall’aggiudicatario ai sensi dell’art. 76 co. 2 del Codice dei contratti. Poichè il termine di impugnazione comincia a decorrere dalla conoscenza del contenuto degli atti, anche in tal caso non è necessaria la previa proposizione di un “ricorso al buio”, destinato con sufficiente probabilità alla declaratoria di inammissibilità per violazione della regola sulla specificazione dei motivi di ricorso ex art. 40, co. 1, lett. d) c.p.a., cui dovrebbe seguire la proposizione dei motivi aggiunti.
Conclusivamente, i principi di diritto enunciati dall’Adunanza Plenaria sono i seguenti:
“a) il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione decorre dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, tra cui devono comprendersi anche i verbali di gara, ivi comprese le operazioni tutte e le valutazioni operate dalle commissioni di gara delle offerte presentate, in coerenza con la previsione contenuta nell’art. 29 del d.lgs. n. 50 del 2016;
b) le informazioni previste, d’ufficio o a richiesta, dall’art. 76 del d.lgs. n. 50 del 2016, nella parte in cui consentono di avere ulteriori elementi per apprezzare i vizi già individuati ovvero per accertarne altri, consentono la proposizione non solo dei motivi aggiunti, ma anche di un ricorso principale;
c) la proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara comporta la ‘dilazione temporale’ quando i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta;
d) la pubblicazione degli atti di gara, con i relativi eventuali allegati, ex art. 29 del decreto legislativo n. 50 del 2016, è idonea a far decorrere il termine di impugnazione;
e) sono idonee a far decorrere il termine per l’impugnazione dell’atto di aggiudicazione le forme di comunicazione e di pubblicità individuate nel bando di gara ed accettate dai partecipanti alla gara, purché gli atti siano comunicati o pubblicati unitamente ai relativi allegati.”
La complessa sentenza della Plenaria ha dettato le regole per identificare il dies a quo del ricorso avverso il provvedimento di aggiudicazione, riconducendolo, a seconda dei casi, alla pubblicazione, alla comunicazione, al momento di acquisizione dei dati imprescindibili per interporre l’impugnativa e, comunque, a quanto stabilito nella lex specialis. Tuttavia, permangono rilevanti profili di incertezza circa l’esatta individuazione del momento cui far decorrere il termine per l’impugnazione, avuto riguardo anche alla eventuale prevalenza da attribuire ai diversi criteri. Invero, se da un lato viene confermato il previgente orientamento diretto a valorizzare testualmente l’art. 120, co. 5 c.p.a. (il cui richiamo è da intendersi oggi rivolto all’art. 76, co. 2 D.Lgs. 50/2016), dall’altro sconta di genericità il riferimento all’art. 29 del “secondo Codice”, il cui ambito di operatività è strettamente legato al principio di trasparenza amministrativa. In altri termini: il dies a quo decorre dalla comunicazione del provvedimento di aggiudicazione, dalla semplice pubblicazione degli atti di gara (con gli eventuali allegati) ovvero in base alle forme di comunicazione e di pubblicità individuate nel bando di gara ed accettate dai partecipanti alla gara? Tali criteri coesistono od uno di essi deve prevalere sull’altro? Comunicazione e pubblicazione devono coincidere temporalmente? Cosa significa “pubblicazione generalizzata” degli atti di gara? La risposta ai precitati interrogativi assume una valenza decisiva per gli addetti ai lavori, i quali, nella prassi, si devono frequentemente interfacciare con termini, adempimenti e scadenze. Si reputano pertanto cruciali i successivi – e ci si auspica immediati – interventi chiarificatori di giurisprudenza e dottrina, anche in considerazione della rilevanza della questione trattata per l’intera fase dell’aggiudicazione.