Si segnala l’importante arresto della suprema Corte di Cassazione che, nella sua più autorevole composizione a Sezioni Unite (SU n. 24675 del 19/10/2017) ha risolto il contrasto che si era generato nella giurisprudenza sulla questione della rilevanza della c.d. usura sopravvenuta enunciando il seguente principio di diritto:
“Allorché il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell’usura come determinata in base alle disposizioni di legge n. 108 del 1996, non si verifica nullità o l’inefficacia della clausola di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all’entrata in vigore della predetta legge, o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente la soglia quale risultante al momento della stipula; né la pretesa del mutuante di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato può essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto superamento di tale soglia, contraria al dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto”.
Resta dunque confinata nell’irrilevanza giuridica qualunque superamento del tasso soglia usura che si sia verificato nel corso dello svolgimento del rapporto e che, al contrario, non sia oggetto di autonoma pattuizione che già all’origine sia affetta da nullità per pattuizione e/o convenzione usuraria.